Come ci racconta Laura Montanari in questo articolo su Repubblica.it Cultura, la lingua del Belpaese rallenta nei Paesi della vecchia Europa ma cresce in aree che vanno dall’Est europeo (Russia in testa) al Magreb, fino ai Paesi arabi e al Vietnam. Cambia la geografia e forse si allontana un po’ dalle radici e dai luoghi dell’immigrazione classica italiana (Germania, Stati Uniti), che pure restano numericamente di gran lunga in cima alla classifica. L’italiano conquista terre nuove allora e, come sottolinea il sottosegretario al ministero degli Affari esteri, Mario Giro, “siamo la quarta o quinta lingua più studiata al mondo, e in crescita”. Nel 2012 erano circa 570mila gli allievi che imparavano la lingua italiana all’estero ma secondo i nuovi dati il numero è triplicato, arrivando a un milione e mezzo perché nei conteggi sono stati aggiunti scuole private, associazioni e istituti che prima sfuggivano al censimento.
L’italiano come risorsa, come veicolo culturale, turistico ed economico di promozione del Paese. È l’idea del ministero degli Esteri, che intende rilanciare e riorganizzarne lo studio. Sfida difficile in tempi di crisi economica, tagli agli istituti di cultura e alle cattedre. Si punta al web: in agenda c’è la creazione di un portale dell’italiano che metta insieme l’offerta dei corsi, lezioni online, formazione a distanza per i prof e un osservatorio permanente per promuovere la conoscenza della nostra lingua non soltanto come vettore culturale, ma anche economico.
“Agli studenti che arrivano dalla Cina nei nostri politecnici – dice il presidente dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini – adesso si impartiscono lezioni in inglese, io proporrei di offrire loro anche corsi di italiano e di arte. È un modo per legarli al ricordo del nostro Paese”. Uno dei soggetti più attivi nella diffusione dell’italiano estero è la società Dante Alighieri (423 sedi): “Stiamo lavorando – dice il segretario Alessandro Masi – per potenziare gli scambi”.
Pur sottolineando l’importanza della lingua e dell’arte italiana – continua l’autrice dell’articolo – non andrebbero dimenticate nemmeno il design, la moda, il cibo, la musica lirica, il turismo e tutto ciò che definiamo come made in Italy, perchè la promozione linguistica non potrà avere successo senza essere collegata allo scenario culturale simbolico.